Nella prospettiva del Developmental Life Span Psychology, la formazione dell’identità è vista come processo dinamico che si svolge lungo tutto il percorso di vita, seguendo una progressione non sempre lineare e mai del tutto compiuta.
Anche Erikson considera l’identità come una componente importante di tutti gli stadi del ciclo di vita, e che entra in gioco nei differenti conflitti vitali: lo sviluppo emerge come un processo epigenetico che si svolge seguendo diversi stadi che coprono tutta l’esistenza, ciascuno dei quali corrisponde a un particolare conflitto, a una crisi, che il soggetto deve risolvere per poter accedere allo stadio successivo. Il termine “crisi, non va interpretato negativamente, ma è tuttavia da vedersi in senso evolutivo; la crisi evolutiva diviene infatti punto di svolta e un momento cruciale dello sviluppo, in cui il soggetto è più vulnerabile, ma anche più ricco di potenzialità evolutive.
Allo stesso modo, il principale compito evolutivo durante la transizione dall’adolescenza all’età adulta è rappresentato proprio dalla definizione dell’identità: Erikson evidenzia in particolare come in questo specifico stadio, risulti cruciale il conflitto tra identità e confusione dei ruoli, e che il compito dell’adolescente sia superare la crisi scegliendo una propria prospettiva di sviluppo e definendo la propria identità in una configurazione relativamente stabile; ciò, secondo l’autore, viene raggiunto attraverso l’acquisizione di capacità socio cognitive legate alla costruzione del pensiero formale, e di nuove abilità relazionali e sociali, che costituiscono elementi necessari per affrontare tale la crisi identitaria.
L’ipotesi di una crisi identitaria normativa è inoltre supportata dalla natura tripartita dell’identità stessa, in termini biologici, psicologici e sociali, tre ambiti di sviluppo che giungono a maturazione e inducono, dall’adolescenza in poi, a significativi cambiamenti osservabili nel funzionamento personale e psico- sociale dell’individuo. Erikson, infatti, sottolinea nell’ambito della sua teoria, di come l’identità si formi sia nel contesto di processi intra-individuali di auto-definizione, sia nel contesto di scambi reciproci tra l’individuo e gli altri. Quindi l’identità diviene un costrutto dinamico e multidimensionale, che contiene sia un versante soggettivo che uno oggettivo, e che viene continuamente messo in discussione dalle esperienze di crescita e sviluppo di volta in volta affrontate.
In questo senso il processo di sviluppo dell’identità risulta complesso, non solo per la complessità intrinseca alla natura stessa dell’identità, ma anche per l’influenza sempre maggiore dei fattori intercorrenti. Come sottolineano numerosi studiosi, infatti le caratteristiche della società tardo-moderna contribuiscono oggi sempre di più nell’emergere di un evidente ritardo nell’acquisizione di ruoli sociali adulti. Ciò ovviamente può avere un impatto sui processi di formazione e consolidamento dell’identità.
Sembra che tra i principali fattori che hanno contribuito a ritardare la transizione all’età adulta e la risoluzione della crisi identitaria ci siano le condizioni socioeconomiche. Una ricerca, svolta in un contesto italiano da Sestito, Sica e Nasti (2003) ipotizza infatti che i giovani possano sentirsi alla “deriva” quando sono chiamati a progettare e pianificare il proprio futuro e definire la propria identità, personale professionale, in vista dell'inserimento nel mondo del lavoro. Tuttavia, la crisi economica e finanziaria sembra avere più marcatamente ridotto i margini di prevedibilità della occupabilità e della carriera lavorativa in paesi come l’Italia, dove il mercato del lavoro è poco inclusivo particolarmente nei confronti delle più giovani generazioni.
Tra gli altri fattori da tenere in considerazione, inoltre, non si può non prestare attenzione alle numerose difficoltà che gli adolescenti si sono ritrovati ad affrontare durante la pandemia e che hanno impattato direttamente e indirettamente sulla costruzione della loro identità personale, del pensiero critico e morale, e delle relazioni. Un’indagine della Società Italiana di Pediatria ha infatti evidenziato come gli accessi in pronto soccorso per un disturbo neuropsichiatrico dei ragazzi sotto i 18 anni siano aumentati in modo allarmante dell’84% rispetto al periodo pre-pandemia. Sottolineando come tra le problematiche emerse, le maggiori riguardavano stress, ansia, preoccupazione, depressione, mancanza di motivazione e paura.
La paura in particolare diviene il sentimento centrale nell’adolescenza di oggi: essa consente all’adolescente di ritirarsi, di evitare di vivere le esperienze, di affrontare i contesti relazionali sia con gli adulti che con i pari, di vivere la pressione che emerge su più fronti, come quello scolastico, famigliare, sociale, i social media.
In un mondo in cui tutto sembra cambiare alla velocità della luce; tuttavia, esistono degli elementi che possono consentire all’adolescente di raggiungere questo compito evolutivo. In particolare, un ambiente familiare in grado di valorizzare l’individualità degli adolescenti sembra essere un fattore protettivo che consente lo sviluppo di un’identità salda e coerente: sentirsi riconosciuti nei bisogni di individuazione, di differenziazione, sentirsi supportati e allo stesso tempo autonomizzati sulla gestione della paura costituiscono dei capisaldi importanti nello sviluppo di ognuno di noi. La terapia famigliare può supportare genitori e figli nella miglior gestione dei fattori stressanti e della stessa pressione che ci schiaccia, derivante dalle aspettative della nostra società. L’obiettivo diviene quello di ottenere assieme alla famiglia un livello di funzionamento tale in cui ogni membro possa sentirsi il più possibile appagato e sereno e in cui creare confini flessibili, in cui i figli adolescenti possono sperimentare quei processi di separazione-individuazione che consentono lo sviluppo dei fattori determinanti la costruzione della propria identità e del funzionamento dell’io.
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